Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, giugno 14, 2014

I Musici: i ragazzi che entusiasmarono Toscanini!

Felix Ayo (Sestao, 1933)
L'idea di fondare "I Musici" venne nel 1951 al Maestro Remy Principe, che all'epoca era membro del complesso "I Virtuosi di Roma” e professore di violino al Conservatorio di Santa Cecilia. Si vedevano ancora le macerie della Seconda Guerra Mondiale, ma l'Italia, come del resto tutta l‘Europa, é percorsa da un grande fermento, dove occorreva ricostruire, non solo le mura, ma anche lo spirito degli uomini, spinti dalla necessità di essere ritemprati. La cultura è il motore di questo ”nuovo" rinascimento. E Roma, in Italia, diventa la culla dell'arte.
Remy Principe si trova ad avere, nella sua classe, degli allievi molto dotati: pensò così di formare un nuovo complesso, riunendo questi giovani talenti insieme ad alcuni suoi ex-allievi particolarmente bravi.
Inizialmente il gruppo era formato dai violinisti Franco Tamponi, Luciano Vicari, Walter Gallozzi, Luigi Muratori, Montserrat Cervera ed io; i violisti Bruno Giuranna e Carmen Franco; i violoncellisti Enzo Altobelli e Alfred Stengel; il contrabbassista Francesco Noto e la clavicembalista Isabella Salomon. ln questi primi tempi importantissima fu la collaborazione della compositrice Barbara Giuranna.
Il debutto fu una vera bomba! Tenemmo il primo concerto il 30 marzo 1952 a Roma, nella Sala del Conservatorio di Santa Cecilia. Nel giugno dello stesso anno, mentre registravamo per la RAI a Roma, ci sentì suonare il grande direttore Arturo Toscanini. Lui era ospite di Ada Finzi (colei che divenne la nostra straordinaria agente musicale...), e all'ora di pranzo si presentò di ottimo umore alla porta della casa di via Panama. Il Maestro parlò di musica, anzi, parlò de "I Musici"!
"Sono entusiasta - disse - torno in questo momento da via Asiago, dalla sede della Radio Italiana, dove ho ascoltato dodici ragazzi: bravi, bravissimi; è un'orchestra da camera perfetta. Dodici giovani dai 18 ai 20 anni, che suonano senza direttore. L'ho detto a quei ragazzi: li ho applauditi, li ho ringraziati. No: non muore la musica!"
Toscanini ci regalò poi (nel luglio dello stesso anno) un suo ritratto, con la bellissima dedica che ci aprì la porta di tutti i teatri del mondo. L'entusiasmo di Toscanini, del pubblico e dei critici, era una cosa insperata ma estremamente gratificante e forse anche meritata. Dico questo perché prima di dare il nostro primo concerto studiammo per otto mesi, tutti i giorni della settimana inclusa la domenica. Una preparazione seria, attenta ad ogni particolare. Per riuscire ci vuole talento, sì, ma anche disciplina e tanto lavoro. Quegli otto mesi servirono per questo e anche per formare un repertorio.
Fu un grande esordio e da lì scaturirono concerti, tournées, incisioni e anche delle critiche lusinghiere. Suonammo a Trieste e Bolzano e poi, nel 1953, al Teatro La Scala di Milano, la Wigmore Hall a Londra e la Salle Gaveau a Parigi.
Il nostro era un repertorio che si poneva in netto contrasto con le tendenze dell'epoca, in cui la musica
romantica aveva maggior spazio. Fu una scelta cosciente creare un distacco netto dalla musica romantica; una scelta che animava tutti i componenti de "I Musici". Ricordo ancora la nostra emozione entrando per la prima volta in queste sale storiche, dove vi si sono esibiti i più grandi artisti di tutti i tempi.
Le prime incisioni de "I Musici" -furono effettuate
con la casa discografica Columbia. Uno di questi dischi era interamente dedicato a Vivaldi, un altro comprendeva opere di Gabrieli, Marcello, Albinoni e Vivaldi. Altri ancora erano dedicati a Padre Martini (di cui non si trovava nulla in disco!) e a Pergolesi.
Ricordo con
piacere le sessioni di registrazione dei Concertini Armonici di Pergolesi (all'epoca erano attribuiti anche a Carlo Ricciotti) effettuate a Milano. Ripetevamo alcuni passaggi per consentire al tecnico di montare poi le parti migliori. Su un finale di movimento, che richiedeva un pianissimo ben calibrato, ci eravamo particolarmente soffermati, cercando tutti insieme di ottenere un colore particolare.
Avevamo rifatto più volte quel finale, quando finalmente eseguimmo quello che ci eravamo prefissati. Ma ecco che, appena smorzato il suono, lasciando quell'alone necessario affinché la nota si spenga nell'aria, un rumore contro il portone della chiesa dove stavamo registrando distrugge tutto il nostro lavoro! Furiosi uscimmo a vedere chi fosse il colpevole di questo dispetto.
C’erano dei ragazzini che si erano messi a giocare a pallone e avevano deciso che il portone della chiesa fosse anche la porta contro la quale mandare la palla in goal! Tra loro ne pescammo due a caso e, per intimorirli minacciammo di chiamare i vigili. Chiedemmo così i loro nomi: "Io mi chiamo Sandro, Sandro Mazzola e lui è il mio fratello Ferruccio...".
Facemmo loro una lavata di cupo, poi li lasciammo andare. Anni dopo, quando divennero campioni indiscussi di calcio, ci ricordammo di quei loro “curiosi” esordi!
Tra il l955 e il 1959 "I Musici" videro l'inizio di una incredibile quantità di registrazioni effettuate soprattutto per la casa discografica Philips, e molti di questi dischi, ora in versione CD, sono ancora in vendita. La Philips disponeva di un gruppo di musicologi
dedito alla ricerca di un repertorio desueto, al punto di inviarci le partiture sei mesi prima di entrare in sala d’incisione. Per noi il più importante, di questi producer, è stato Vittorio Negri.
Persona di straordinaria cultura, Negri era nato a Milano nel 1923 e si era appassionato alla musica barocca grazie al sue maestro Antonio Guarnieri, che conobbe a Siena. Ma fu ancor più importante per Negri il frequentare i corsi al Mozarteum di Salisburgo e diventare assistente di Bernhard Paumgartner. ln quella città acquisì il "metodo” per fare della buona musicologia, imparando ad andare alle fonti musicali per le sue ricerche.
Agli inizi degli anni '50 Vittorio Negri partecipa attivamente alla "rinascita" degli studi musicologici in Italia, diventando membro della Società Italiana di Musicologia (diretta nel 1964 da Guglielmo Barblan). A Vittorio Negri fu affidata un'importante collana di pubblicazioni musicali di lavori del barocco (alla quale "I Musici” attinsero a piene mani, grazie proprio al ruolo di produttore che Negri aveva assunto in Philips): la straordinaria Monumenta Italicae Musicae, Come ho detto, noi ricevevamo in anticipo sulla pubblicazione il materiale necessario allo studio e alla registrazione discografica. C'era dunque tutto il tempo per studiare bene lavori poco noti, che spesso, poi, proponevamo in concerto.
La sua scomparsa, avvenuta nel 1995, è per me motivo di grande commozione, e ancora oggi mi sale un nodo alla gola nel ricordare la sua ultima telefonata, avvenuta poche ore prima dalla sua morte. Mi
chiamò e mi disse, con un filo di voce: "Grazie, Felix, per le belle cose che abbiamo fatto assieme. I medici mi hanno detto che forse non passerò la notte. Ecco, valevo sentirti solo per dirti questo". Fu un momento di grande commozione e tristezza...
Grazie al lavoro di Vittorio Negri, andavamo riscoprendo la scuola violinistica italiana del '600 e '700, l'affascinante periodo della musica barocca. Infatti, all'inizio suonavamo quasi esclusivamente musica italiana, sia di autori conosciuti come di quelli meno conosciuti. Fra tutti Antonio Vivaldi aveva un posto senz'altro molto importante. Era il nostro cavallo di battaglia. Sin dall’inizio pensammo al recupero della musica di Vivaldi, soprattutto dal punto di vista interpretativo. Volevamo un Vivaldi più limpido, più cristallino e trasparente, pieno di vitalità negli Allegro e di espressività intensa, ma contenuta, nei tempi lenti.
Incidemmo per Philips un numero vastissimo di concerti di Vivaldi. Il disco più venduto fu quello delle Quattro Stagioni (che io incisi ben due volte, una in versione solo monoaurale del 1955, e - nel 1959 e sull'onda della straordinario successo di vendita - in una versione stereofonica), premiato con il Grand Prix du Disque. Grazie all'enorme successo di quel disco, mi sono ritrovato ad eseguire le Quattro Stagioni vivaldiana centinaia di volte, in tutto il mondo!
Ricordo ancora le nostre tournées in quelli che, negli anni '50 e '60, erano i paesi dell'Est europeo, al di là della cortina di ferro! Polonia, ex-Cecoslovacchia, Ungheria, Romania... Paesi che vivevano una drammatica povertà! C'erano persone che non avevano neppure di che vestirsi e là i musicisti erano sprovvisti dei ricambi per i loro strumenti.
ln Polonia assistetti alla scena pietosa della nostra interprete che quasi ci mollò in piena tournée solo perché la sua bambina aveva subito il furto del suo cappottino! Noi ci arrabbiammo molto, non capendo fino a che punto una tale disgrazia stesse sconvolgendo la vita della donna polacca. Solo col tempo, e chiedendo spiegazioni, comprendemmo che per potersi permettere un altro cappottino per la figlia la nostra interprete avrebbe dovuto lavorare un anno intero!...
Anche Maria Teresa Garatti e suo marito Lucio Buccarella ricordano la situazione di estrema povertà incontrata nel 1956 a Budapest, dove i nostri colleghi ungheresi si commuovevano ai nostri concerti! Erano sprovvisti di tutto, sia dello stretto necessario per sopravvivere che dei mezzi per continuare la loro carriera. E fu così che noi decidemmo di regalare loro le nostre corde di ricambio: era un dono preziosissimo, che per loro poteva rappresentare la possibilità di riprendere lo studio e il lavoro.
Nel 1953 il contrabbassista Francesco Noto lasciò il posto a Lucio Buccarella, mentre sua moglie Maria Teresa Garatti gradualmente sostituì Isabella Salamon. Tra la fine del 1953 e il 1954 ci furono altri cambiamenti nel gruppo; Franco Tamponi e Montserrat Cervera lasciarono via via "l Musici" e Luciano vicari dovette partire per il servizio militare. Il loro posto fu preso, di concerto in concerto, da altri giovani componenti de "I Musici” come Roberto Michelucci, Anna Maria Cotogni e Cesare Casellato.
Infine, a Scheveningen nel luglio del 1954, in occasione di una tournée in Olanda, io divenni il Konzertmeister de "I Musici” al posto di Franco Tamponi. Per me fu un grande onore ma anche una grande responsabilità. Nel 1958 entrò poi nel gruppo il violista Cino Ghedin, al posto di Bruno Giuranna.
Nei miei ricordi ci sono i lunghissimi viaggi (bellissimi quelli nel mio Paese, la Spagna), i tanti concerti, tutti 
coronati da grandi successi, ma anche il gran divertimento, gli scherzi e le goliardate che combinavamo a vicenda!
Ho suonato con "I Musici" dall'esordio, nel 1952, fino al 1968. Da questo complesso io ho avuto molto, ma ho anche dato molto, dedicandogli diciassette anni della mia vita. E, dopo tanti anni e innumerevoli concerti in tutto il mondo, con strepitosi successi, tanti dischi e premi internazionali, ho sentito che in quel campo non potevo dare di più, e decisi di mettermi alla prova seguendo nuove strade.
Anche Enzo Altobelli e Cino Ghedin lasciarono il complesso insieme a me. In que1 momento, tutti noi sentivamo l'assoluta necessità di fare altra musica che non fosse soprattutto quella barocca.
Già da anni sognavamo di costituire un quartetto con pianoforte e alla fine ci riuscimmo perfettamente, insieme con Carlo Bruno, formando nel 1970 il "Quartetto Beethoven di Roma" Da allora ho continuato a suonare per altri quarantacinque anni, con il quartetto, in recitals, da solista e anche come direttore d'orchestra, ma gli anni con "I Musici" rappresentano un periodo straordinariamente importante della mia vita artistica e che ricorderò sempre con grande piacere.

Felix Ayo (Mentana, Roma, settembre 2013)

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