Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, ottobre 31, 2015

Iannis Xenakis

Iannis Xenakis: Diatope (Centre Pompidou Paris)
Il 4 febbraio di quest'anno (2001) è scomparso uno dei musicisti contemporanei più celebri, alla stregua di Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen. Un musicista, ma anche un teorico e un ricercatore puro che, ponendo alla base di tutte le sue articolazioni compositive il pensiero matematico, si avvicina nel modo di operare più a quello di un filosofo della scienza che a quello caratteristico degli artisti, uomini capaci di creazioni istintive, attratti da una ricerca estetica alle volte dichiaratamente fine a se stessa.
Si tratta di Iannis Xenakis, una figura singolare di uomo e di compositore che incarna quella di architetto della musica. Una caratterizzazione che è stata attribuita a molti grandi autori del passato (da Bach a Brahms a Schönberg), ma che nel caso di Xenakis aderisce in modo particolare, non solo per essere stato architetto dello spazio costruito, collaborando per dodici anni nello studio parigino di Le Corbusier durante le sue prime esperienze come autore di un nuovo genere musicale, ma soprattutto per la tendenza ad impossessarsi di uno stile demiurgico attraverso la speculazione sul concetto di simmetria, sull'idea delle masse e dello spazio-tempo.
La sua formazione sociale e culturale avviene negli anni della guerra civile greca, a cavallo degli anni Quaranta, nel clima impetuoso del Politecnico di Atene ove si delinea una personalità tormentata per la quale l'interesse politico non solo si configura come una sorta di necessità, ma trova alimento nel senso più profondo dell'essere greco e così le avventure spesso tragiche legate agli scontri in piazza, cruenti e feroci, si fusero alla lettura maniacale e parossistica della Repubblica di Platone e ad un neopitagorismo alle volte dilagante, soprattutto nella seconda fase della sua vita.
Xenakis quindi era tra i componenti dell'Atelier di Le Corbusier dagli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Egli è menzionato nel Modulor 2 come autore di studi sui pans de verre ondulatoires collegati alle ricerche musicali messe in pratica nella sua prima opera per orchestra Metastasis; si trova nell'elenco dei collaboratori dello studio di rue de Sèvres che Jean Petit elabora per il suo libro su Le Corbusier; è figura centrale nel rinnovato interesse per le esperienze legate allo stretto legame tra architettura musica e matematica.
Coloro che presentano Xenakis come un greco antico capitato nel mondo moderno si avvalgono di un'immagine forse un po' romantica, nella quale tuttavia si individuano i tratti di interessi mai sopiti e che nel nostro secolo furono sottolineati anche da Matila Ghyka che nel suo libro sulla Sezione Aurea afferma che una certa cultura greca, quella forse più esoterica dei Pitagorici, attraversa la cultura occidentale come un fiume sotterraneo.
Nello studio di rue de Sèvres scorreva questo fiume e qui alla fine del 1947 il giovane Xenakis incontrò un humus fertile per le sue ossessioni compositive. In particolare le lezioni del maestro sui tracciati regolatori, sullo spirito matematico del Modulor e sul contrasto tra l'armonia della natura e l'intellettualismo delle regole si fusero con gli studi che in musica egli andava sperimentando sulle masse sonore, sulle loro variazioni regolari ed irregolari, sul rapporto aureo applicato alle scale di variazione dimensionale dei singoli elementi costitutivi delle composizioni.
Quando, all'inizio del 1956, la Philips contattò Le Corbusier perché progettasse il padiglione per l'Esposizione Universale di Bruxelles, Xenakis aveva già fatto l'esperimento della forma grafica dei glissando che descrivevano alcune trasformazioni continue dello spazio sonoro con Metastasis, l'opera per orchestra già precedentemente ricordata, che a sua volta era stata fortemente influenzata dalla lettura lecorbusieriana della scala proporzionale derivante dalle successioni di Fibonacci associate all'applicazione del rapporto aureo.
La prerogativa più evidente delle riflessioni lecorbusieriane in merito alle proporzioni armoniche è quella di mostrarsi cosciente del fatto che insistere sul carattere iniziatico, alle volte magico-rituale, del numero aureo non sembrava coerente con l'interesse scientifico ad esso collegato, quello, in particolare che consentiva di elaborare una griglia geometrica alla base della quale stabilire norme dimensionali per l'unità abitativa votata alla prefabbricazione.
Questo atteggiamento razionale - più coerente con il ragionare in termini matematici - sembra avvicinare ancora di più la figura del maestro di rue de Sèvres all'allora giovane musicista che, bisogna ricordare, non era ancora esploso in questo campo, ma si muoveva con grande indipendenza negli ambienti più estremi della ricerca contemporanea, mondi nei quali peraltro si agitava lo stesso Le Corbusier, i cui interessi nelle varie forme dell'espressione artistica erano sempre vivi.
Tra gli oggetti a reazione poetica progettati nello studio di rue de Sèvres, il padiglione Philips pare riassumere gli intenti più schietti, liberato dalla stereometria rigida degli angoli retti e dal platonismo dei volumi puri.

La forma deriva dalla contaminazione dell'idea iniziale della bottiglia con gli studi matematici di Xenakis sui conoidi iperbolici.
Fu nel mese di ottobre del 1956 che egli ricevette da Le Corbusier l'incarico di tradurre i suoi schizzi attraverso la matematica.
Lo sviluppo di questa idea in forma architettonica passa attraverso un processo compositivo per il quale è difficile affermare se la struttura matematica proceda o preceda l'immagine. Certamente vi si ravvisano momenti altalenanti di prevalenza dell'una sull'altra che sono raccontati nel libro Musica. Architettura
che riserva un intero capitolo a questa esperienza progettuale.
Per il momento solo il cemento è all'origine della nuova architettura. Esso prepara il letto in cui le materie plastiche di domani formeranno il fiume ricco di forme e di volumi racchiusi non solo nelle entità biologiche ma soprattutto delle matematiche più astratte.
E' l'affermazione di Xenakis al termine della lunga e dettagliata dissertazione sul Padiglione Philips.
Questa singolare aventura compositiva conforta la tesi che alla base di taluni eventi architettonici, forse quelli che celebrano in modo più completo l'iter che va dall'idea come pura astrazione alla sua realizzazione, sono i concetti il cui sviluppo è possibile attraverso l'intervento della matematica, perché:
... alcuni rapporti tra musica e architettura sono molto semplici da intuire confusamente, delicati da precisare e definire, e non è impossibile metterli in dubbio, poiché tutto ciò che è estetico è incerto. Ma a me sembravano clamorosi. È chiaro che musica e architettura sono entrambe arti che non hanno bisogno di imitare le cose; sono arti in cui materia e forma hanno tra loro un rapporto più intimo che altrove; l'una e l'altra si rivolgono alla generale sensibilità. Entrambe ammettono la ripetizione, mezzo onnipotente; entrambe ricorrono agli effetti fisici della grandezza e dell'intensità, con cui possono stupire i sensi e la mente sino all'annichilimento. Infine, la loro rispettiva natura permette un'abbondanza di combinazioni e sviluppi regolari che le collegano o le confrontano con la geometria e l'analisi.
La logica innovativa introdotta da Xenakis non riguarda solo un nuovo modo di affrontare il problema della costruzione delle strutture compositive, che esplicitamente rimanda a ragionamenti "antichi", ma presuppone la conoscenza e l'intuizione profonda da parte dell'architetto e del musicista delle nuove teorie legate al problema delle simmetrie. Non più e non solo caratterizzate da regolarità geometriche alle volte fin troppo evidenti, ma viste come parte sia della teoria dei gruppi che del calcolo delle probabilità; così sarà più facile intendere l'asimmetria come un'estensione della simmetria e più in generale, nel campo della speculazione probabilistica, affermare che anche il caso non si improvvisa.
Non esisterebbe quindi quella libertà totale alla quale il termine asimmetria, usato spesso in sostituzione della parola irregolarità, sembrava alludere, perché oggi sappiamo che anche questa ultima non presuppone necessariamente l'assenza di regole. Basti pensare alla vasta produzione di musica aleatoria, al decostruttivismo e a tutti quei fenomeni compositivi nei quali la forma caotica risulta essere il traguardo di una ricerca paziente e transeunte sulla condizione attuale del cosmo.
Già negli anni Cinquanta Xenakis sviluppava pensieri del genere e si interrogava innanzi tutto su cosa fosse una regola in composizione, se fosse possibile, per contrasto, produrre qualcosa in musica o in qualsiasi altro campo in totale assenza di regole, ovvero in maniera assolutamente libera.
Stravinsky insisteva sul fatto che per fare della musica sono necessarie le regole, lo stesso Xenakis affermava meno di dieci anni fa di essere convinto che
Bach, Beethoven o Bartók quando scrivevano le loro composizioni facevano dei calcoli, sia pure relativamente semplici. Si trattava di calcolare, disporre secondo un dato ordine, compiere delle operazioni di organizzazione intellettuale, ma al di fuori di questi calcoli ci sono le decisioni che intervengono per fare in modo che quei calcoli siano più o meno evidenti, scompaiano momentaneamente in un gioco di ellissi e ritornino.
L'idea cardine della composizione che in tal modo si configura risulta essere una specie di contaminazione tra il pitagorismo dei numeri e la dialettica parmenidea, se analizzata dal particolare punto di vista di Xenakis di una classicità prossima ventura, così la necessità, la causalità, la giustizia si confondono con la logica e, poiché l'essente nasce da questa logica, il puro caso è impossibile quanto il non essente.
Le operazioni attraverso le quali Xenakis trasferiva formule, concetti e simboli matematici nelle sue composizioni erano sempre dettati da un'opzione filosofica. Immerse nel clima sfuggente delle sue ipotesi sul mondo e guidate da un forte desiderio di astrazione, le sue opere impongono il passaggio dal calcolo delle probabilità alla logica formale, fatto che segna anche una sorta di recupero della matrice matematico-filosofica del neopositivismo logico novecentesco. La composizione non è dunque solo una metafora di percorsi logici, ma una loro rappresentazione proiettata ora nel mondo dei suoni, ora in quello degli spazi, oppure nei due universi all'unisono attraverso quelle complicate strutture di luce, spazio e suoni che sono i Politòpi, vere e proprie architetture sonore nate dalla convergenza della memoria dell'immagine fisica del Padiglione Philips, delle speculazioni teoriche su quella che viene definite come una nuova plastica sonora e dal ricordo del rumore dei bombardamenti nelle campagne dell'Attica, nel cielo notturno "striato dai riflettori della difesa antiaerea e dalle linee segmentate dei proiettili traccianti. ... ".

In queste spettacolari rappresentazioni, coinvolgenti tutte le sfere della percezione, lo spazio architettonico è concepito per contenere in posizioni stabilite altoparlanti e proiettori di luce che interagiscono vicendevolmente e le cui emissioni sono diffuse dalle pareti interne con studiati e alle volte mutevoli effetti sul pubblico rispetto alla sua casuale distribuzione.
Si trattava di installazioni architettoniche effimere, facenti parte della sperimentazione sulla continuità strutturale, perseguita attraverso l'applicazione rigorosa di un'idea matematico-formativa. Stesso principio adottato anche nella composizione dei brani musicali che ivi venivano fatti suonare, che alle volte risultano privi di significato al di fuori di questi spazi e che in generale adottano il principio della variazione della densità come costante ideativa, della quale ancora oggi sono da sviscerare tutte le potenzialità creative.
Era inoltre fatta propria la tesi del minimo delle regole, propria dalla legge generale dell'entropia, che alcuni anni fa era molto studiata per le potenzialità espressive nei vari campi artistici, e che conduce direttamente ad una definizione semplice delle composizioni stocastiche.
As a result of the impasse in serial music, as well as other causes, I originated in 1954 a music constructed from the principle of indeterminism; two years later I named it "Stochastic Music". The laws of the calculus of probabilities entered composition through musical necessity. But other paths also led to the same crossroads first of all, natural events such as the collision of hail or rain with hard surfaces, or the song of cicadas in a summer field. This sonic events are made out of thousands of isolated sounds; this moltitude of sounds, seen as totality, is a new sonic event. This mass event is articulated and forms a plastic mold of time, which itself follows aleatory and stochastic laws. If one of then wishes to form a large mass of point-notes, such as string pizzicati, one must know these mathematical laws, which, in any case, are no more than a tight and concise expression of chains of logical reasoning. Everyone has observed the sonic phenomena of a political crowd of dozens of hundred of thousands of people. The human river shouts a slogan in a uniform rythm. Then another slogan springs from the head of the demonstration; it spreads toward the tail, replacing the first. A wave of transition thus passes from the head to the tail … The statistical laws of these events, separated from their political or moral context, are the same as those of the cicades or the rain. They are the laws of the passage from complete order to total disorder in a continuous or explosive manner. They are stochastic laws.
Con l'ausilio dell'elaboratore elettronico a Xenakis fu possibile esplorare il vasto universo delle configurazioni basate sulla variazione di densità sonora, nello stesso modo nel quale si delineano le variazioni di densità materica o spaziale applicando le formule probabilistiche. Ne derivò un'estensione del concetto di entropia per l'introduzione di alcune operazioni selettive all'interno del procedimento statistico, derivanti dalla contaminazione con gli studi a catena che governano tali modificazioni. Si tratta delle cosiddette catene markoviane, esplorate dal matematico russo Andrej Andreievic Markov all'inizio del Novecento e il cui meccanismo costitutivo nelle strutture compositive, così come applicato da Xenakis, è stato diffusamente descritto nel citato testo Musica Architettura, nei capitoli "Tre poli di condensazione" e "Musica stocastica e markoviana".
Lo studio del comportamento fisico dei fenomeni sonori permette allora di conoscere la struttura interna delle densità musicali e di adottarla anche come paradigma compositivo degli spazi ad essi complementari.
A Xenakis interessava un concetto di musica capace di andare oltre i confini della musica, sia attraverso lo sconfinamento in altri mezzi espressivi, come avvenne per la trasformazione degli schizzi grafico-musicali di Metastasis in schemi architettonici per il Padiglione Philips, sia tramite la concezione poliestetica dei Politòpi e dei Diatòpi, sia tramite tecniche, spesso esaltate dall'ausilio dell'elaboratore elettronico, che associano la costruzione grafica (comporre in quanto scrivere una partitura) e la rappresentazione sonora (comporre per la produzione del risultato sonoro).
In ordine cronologico il primo Politopo realizzato fu quello del 1967 per il padiglione francese all'Esposizione di Montréal, consistente in una struttura di cavi tesi all'interno di un grande locale anonimo i cui grafici di studio della geometria descrittiva dei conoidi delle falde di questa struttura, tutta introversa, ricordano gli schizzi preparatori e i modelli in filo e carta realizzati per l'Expo di Bruxelles.
A Persepoli poi l'installazione fu realizzata all'aria aperta: sullo sfondo delle colline che incombono sull'Apadana si stagliavano intricate reti di filamenti luminosi realizzati con fari d'automobile, di luci in movimento comandate da studenti muniti di torce elettriche che descrivevano percorsi casuali, in un clima festoso e di happening coerente con lo scadere degli anni Sessanta.
Spettacolo analogo dovette tenersi a Cluny nel 1971
, ove il politopo fu installato all'interno delle terme romane, commissionato dal direttore del Festival d'Automne di Parigi, Michel Guy, che inizialmente intendeva chiedere a Xenakis un'opera lirica moderna. Qui le ragnatele di luce si materializzavano come tracce variabili di spirali e arabeschi luminosi sulla volta delle terme ed erano prodotte da 600 flash elettronici lampeggianti in una successione di 1/25 di secondo, comandati da una serie numerica predeterminata al calcolatore che riproduceva la musica su un nastro digitale.
Lo spettacolo richiamò migliaia di spettatori perché là ove la critica musicale si trova spiazzata dall'estremità stilistica come anche dalla polivalenza dell'opera - e più ancora dai misteri matematici della sua concezione, dalle raffinatezze tecnologiche della realizzazione scenica e dagli effetti combinati di luce e suoni - il pubblico si lascia guidare dalle sensazioni entrando solo così in perfetta sintonia con il messaggio di Iannis Xenakis che è sempre stato il giovane ateniese in piazza ai tempi della guerra civile, l'apprendista stregone della fucina lecorbuseriana, permeabile solo apparentemente alle meraviglie del nuovo e invece, come si è visto, affascinato e interessato solo dalle logiche più antiche e in qualche modo immanenti.
Questo Diatopo
sembra riassumere le ricerche iniziate nell'atelier di Le Corbusier e, in definitiva, rappresenta una sorta di conclusione di questa lunga prima fase di lavoro di frontiera fu quella realizzata davanti al Beaubourg, per il quale Xenakis concepì più progetti, ma quello che venne costruito consisteva in una tenda di 1000 metri quadrati di vinile rosso vivo semitrasparente, in modo tale che lo spettacolo fosse visibile anche dall'esterno. Questo guscio ha pressoché la forma esterna, semplificata, del Padiglione Philips e contiene al suo interno la rappresentazione di "la Légende d'Eer", mito tratto dalla Repubblica di Platone che narra del ritorno dal mondo dei morti.
Il mondo antico rivive così in una costruzione nata da una sorta di traduzione matematica del problema strutturale legato originariamente a fini di propaganda tecnologica; la letteratura più antica viene messa in musica con sistemi da alcuni considerati estremi, ma che visti con gli occhi di coloro che si interrogano se sia possibile una sorta di sintesi delle arti, o meglio di tutti i modi dell'espressione, sembrano presentarci Xenakis come quella figura di ricercatore scientifico e paziente che ha finito per stabilire le norme di una strategia compositiva fondata sulla matematica, sulla teoria degli insiemi, sulla logica, ma senza cadere nella trappola di trattare tali principi per se stessi, come puro godimento di un arido intellettualismo.

Alessandra Capanna

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