Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, ottobre 26, 2013

Il musico in manette

Dura Lex, Sed Lex
Cronache giudiziarie di oggi e di ieri.

A Genova
Il pretore Adriano Sansa ha ordinato di porre i sigilli al pianoforre di Roberto Chierici, un ragazzo di 16 anni, aspirante allievo del conservatorio, da tre anni studente di pianoforte. Motivo: lo strumcnto fa troppo rumore, nonostante abbia inserita la "sordina", e la circosranza ha indotto una vicina di casa a chiedere l’intervento della magistratura. ("Il Gazzettino", 4.VII,1979)
A Mestre
Il pretore onorario dott. Ariberto Marchiori con una sentenza ha ordinaro che violino e pianoforte possono essere suonati solamente dalle 9 alle 12, e nelle ore pomeridiane dalle 16 alle 18, esclusi i giomi festivi nei quali gli strumenti non possono essere suonati. Questa sentenza colpisce Chiara e Paolo Craglietto, 17 e 13 anni, due fratelli mestrini, studenti di conservatorio e di liceo, entrambi già molto apprezzati per impegno e qualità artistiche. ("La Tribuna di Treviso", 9.IX.1979)
A Bologna
Statuit praecepit Dominus Potestas quod nemo ire debeat per civitatem Bononiae de nocte cum leuto, viola, seu aliquo alio instrumento cum lumine vel sine lumine [...] et de hoc teneatur tam scolares, quam alii homines et perdat liutum er violam et instrumentum. (Statuti comunali bolognesi del sec. XIII)

L’eccesso di zelo nella tutela della quiete pubblica dispiegato dal legislatore medievale potrà far sorridere i contemporanei, da tempo avvezzi ad assopirsi al suono di meno melodiosi ordigni che non siano il liuto e la viola. Ogni nostro compatriota o turista straniero conosce infatti per esperienza la delizia delle notti estive del Bel Paese, cullate dal camo "di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esp1osivo", per dirla con la prosa profetica di Marinetti, vero prototipo dell’italiano nuovo, che preferiva il design futuristico delle marmitte d’automobile al panneggio della Vittoria di Samotracia.
E poi ci sono i festival gastro-politici dei partiti ("venite compagni", oppure, secondo un’altra lezione "amici", "alla pesca del coniglio!"), i concerti pop in piazza con le amplificazioni a 20.000 watt, il juke-box del bar dell'angolo, l’hi-fi quadrifonico del vicino amante del ballo liscio, il Mundial, i cortei sindacali, il ritorno dalla partita, gli amici dello sposo a clackson spiegato, il mangiacassette che spunta inopinato dalla valigia del vicino di scompartimento, e via assordando. Di fronte alla marea inarrestabile di rumori meccanici ed elettronici, ai mille segnali autorizzati e non, agli amabili riti corali della partecipazione di massa (le attività produttive no, quelle diventano sempre più silenziose, o almeno sono soggette ad un controllo sindacale sulla c.d. "nocività da rumore") il diritto alla privacy sonora appare sempre più come un bene di lusso, accessibile solamente a coloro che per elevatezza di reddito o per marginalità scelta o subita possono interporre vasti spazi di rispetto fra se e il marasma urbano (ville con parco, oppure casolari di campagna, spechi romiti tra le vallate alpine).
Può anche accadere a questo punto che le vittime di tanta prevaricazione, impotenti ad intervenire radicalmente sulla qualità della vita metropolitana (è forse un caso che i fattacci giudiziari riguardino due dei suburbi industriali più ecologicamente degradati di tutto il Paese, vale a dire Genova e Mestre, paradisi della siderurgia e della chimica di base?) scelgano come bersaglio della propria aggressività, secondo una tipica logica di individuazione del punto di minor resistenza, le poche, pretecniche e ormai ridicolmente desuete fonti di produzione del suono: vogliamo dire gli strumenti musicali nella loro povera realtà fisica di corde vibranti e tavole armoniche risonanti, senza nemmeno un mezzo watt di amplificazione elettrica.
Ed ecco trovati i nuovi untori: sono i viziosi strimpellatori di Schumann, i violinisti eredi della dubbia reputazione morale di un Tartini o di un Paganini, gli squallidi adepti del flauto dolce, già bollati di filo nazismo dai vati della scuola di Francoforte. E giù i vicini a sporgere denuncia in carta da bollo, e i pretori a citare in giudizio; indi, udite le testimonianze e valutate le prove, a porre (in nome del popolo italiano) i sigilli alle tastiere, a multare e diffidare i babbi che si mostrano incapaci di instillare
per tempo nei loro pargoletti gusti e valori più adeguati ai tempi moderni C’è una Honda nel tuo futuro, figliolo! Che poi costa anche meno di un Bechstein mezzacoda, ma in compenso ha molti, molti decibel in più. E soprattutto (se sbaglio mi corregga l’arcigno economista) ha dietro di sé un apparato produttivo che per tecnologia, fatturato globale e produttività per addetto deve ispirare reverenza a chiunque. Anche ai magistrati della Repubblica?

Carlo Vitali ("Nuova rivista musicale italiana", n.4, ottobre/dicembre 1979)

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