Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, giugno 04, 2011

L'Ottocento Musicale

Il fenomeno musicale ha assunto nell'Ottocento un carattere singolare e nuovo: impressionante. Non si dice che la musica si sia rivelata agli uomini nel secolo corso, ma nel secolo scorso essa ha invaso tutta la vita, è divenuta un coefficiente e una determinante irresistibile di spiritualità, potremmo anzi dire di ogni movimento e atteggiamento spirituale. Essa ha dato il tono alla coltura ottocentesca, romantica e filosofica, creando alla sensibilità, alla poesia, ai paesaggi, al pensiero ragioni e commozioni che mai prima erano state percepite. Si è giunti, nell'Ottocento (mossi dalla panica esaltazione che ad una vera o immaginaria musicalità universale si ispira) a cercare e cogliere l'essenza stessa della musica, ed a pensare l'universo secondo i modi, il ritmo, le oscure germinazioni che della musica sono il fluido mistero, E, forse, in questo senso si potrebbe addirittura parlare di rivelazione.
La musica si fece, coll'Ottocento, con i primi grandi romantici, più individuale perché più conscia, riflessiva, sofferta, e più popolare, a un tempo, perchè con maggior veemenza rivolta a scuotere e trasportare le folle in una appassionata comunione ed espansione di sentimenti, in un emozionante culto di Dio e della Natura da nuovi spiriti rinnovato. Basta citare i nomi di Beethoven, di Schubert, di Chopin, perchè plasticamente noi ci si renda conto di quello che fu la musica dal tempo delle «Sinfonie», dei «Lieder», dei «Notturni» in poi. Basterebbe ricordare l'opera italiana, e un Maestro, solo: Verdi; basterebbe ricordare Wagner ed 11 wagnerismo, Debussy e il debussysmo, Rousseau, Schopenhauer e Nietzsche, per comprendere come la musica sia penetrata nel cuore stesso della civiltà spirituale dell'Ottocento, gonfiandola di possibilità aspirazioni sogni, e di un'ansietà del divino, che rimarrà certo a rappresentare un'armonia di coltura e una potenza di vita meravigliose.
Abbiamo nominato Schopenhauer: questo brillantissimo iniziatore di tante anime all'amaro senso della metafisica diceva che sola tra le arti la musica dà più che una immagine, le idee. La musica potrebbe continuare ad esietere, anche se 11 mondo non ci fosse. Essa è «una cosi immediata oggettivazione e copia della volontà universale, come lo è il mondo stesso». «Ed è appunto per questo che l'azione della musica è tanto più forte e penetrante di quella delle altre arti: queste parlano infatti solo dell'ombra, essa invece dell'Essenza». Queste parole esprimono con aderenza e rilievo eccezionali quella che fu la parte della musica nel sentimento, nel pensiero, nella fede, nella poesia dei romantici, e cioè, dal più al meno, di tutto l'Ottocento. Prima di Schopenhauer e dopo di lui la musica fu veramente, da Beethoven a Debussy, la grande rivelatrice della vita interiore, l'intermediaria, ineffabile tra la apparenze sensibili e il possesso spirituale del mondo, la dionisiaca suscitatrice dell'ebbrezza popolare, la donatrice d'oblio agli eletti. La musica divenne mistico pane quoidiano, aria che si respira, stile umano.
La storia della musica nell'ottocento è dunque un magnifico e penetrante angolo visuale a considerare la complessa storia dello spirito e della coltura dalla quale, noi usciamo. Si capiranno meglio certe scoperte poetiche e psicologiche, certi entusiasmi filosofici e abbandoni sentimentali del secolo scorso quando si sarà esaminato tutto ciò che la musica ha recato di fremente, inaspettato, illuminatore, alla indagine, alla creatività, al bisogno di vita degli uomini ottocenteschi, sottolineature, sfumature, passaggi delicatissimi: e qualcosa di più e meglio; la musica presente e animatrice in ogni moto del cuore e della mente, la musica come interpretazione idealistica del cosmo, come senso ultimo delle cose, prima e dopo le cose stesse. Di siffatta storia, che non interessa solo i musicisti, ma che necessariamente investendo tutti i nostri problemi culturali può essere occasione ad un viaggio spirituale avventuroso, pittoresco, ricco dì sorprese, per tutte le persone come, abbiamo ora un vasto e divertentissimo quadro nel secondo volume dall'Antologia di Storia della Musica (Paravia, ed.) di Andrea Della Corte, dedicato appunto all'ottocento.
L'insigne musicologo, colla sua consueta acutezza e precisione, col gusto finissimo e l'interesse inesauribile per tutte le manifestazioni non solo musicali ma che colla musica hanno qualche rapporto, ha scelto e composto in un'opera che è divenuta, per il taglio e le proporzioni e la luce su ogni argomento recata, veramente organica le migliori pagine che sono state scritto sulle musiche, i musicisti, e le scuole i problemi, le teorie, le mode, le aspirazioni, le conquiste, gli ambienti musicali ottocenteschi. Vivacissima serie di illustrazioni, chiarificazioni, rivelazioni critiche e interpretative, che va da Muzio Clementi alle «novità e incognite del novecento». Se noi consideriamo i due tomi di questa Antologia unitamente al Disengno storico dell'arte musicale e alla Scelta di musiche ver lo studio della storia (Ricordi, ed.) dello stesso Della Corte, noi possiamo rallegrarci di possedere un corpus di storia della musica oltre ogni dire prezioso, fecondo di alta coltura, e atto a suscitare e soddisfare le più originali curiosità dello spirito.
Come potremmo in un breve articolo dare l'idea, meglio la sensazione della vasta, folta materia, tutta lampi di intuizione e mossa da una varietà aneddotica piena di sapore, che nella Antologia è condensata? A volte in uno svelto capitolo è concentrata sostanza per una meditazione di parecchi giorni; gli scorci, i punti di vista si moltiplicano, le rapide analisi sono seguite da sintesi nelle quali s'addensano mirabili esperienze. Le sole sette pagine de «La musica nella luce romantica» di Oscar Walzel potrebbero dar luogo alla più' ricca e succosa rassegna di tutto un mondo splendido, appassionato, tanto in esse, la concisione è nutrita di cose, di pensiero, di sentimento. Ecco un passo su colore e musica : «...il romantico può cercare di spiegare mediante suoni affini ciò ohe è visibile e intuibile, e ne ha anche il diritto, poiché in realtà sente musicalmente il mondo esterno. Ode meglio e in modo più fine di altri; rumori lievi e sordi hanno un suono ben percettibile al suo orecchio. Cosi percezioni visive gli si tramutano in ritmo, o un processo spirituale prende per il suo orecchio la melodia di un pezzo di musica, unioni ed opposizioni di concerti gli appaiono quali voci sinfonicamente legate».
Schopenhauer disse poi che «il musicista esprime la più alta novità in un linguaggio che la sua stessa ragione non intende». Ecco la forza demoniaca di Beethoven; ed ecco, si avvicina Nietzsche. Nietzsche e Wagner naturalmente, dei quali, per quanto se ne sia parlato o scritto, non si potrà mai dire che la sensazionale loro importanza nella coltura contemporanea sia esaurita o superata. Il caso Wagner e la folgorante luminosità dell'inventore di Zarathustra sono ognora densi di emozione. Qui abbiamo un magnifico brano di Luigi Torchi sul «wagnerismo», su quello cioè che non fu soltanto una moda musicale, ma un modo di pensare, sentire, orchestrare la propria vita (e la letteratura europea ne sa qualcosa) e alcune pagine vibranti di Guido Manacorda sul «WorMon-drama» e il pensiero Wagneriano. «L'Immobilità del Tristano, non può evidentemente, appagare tutti coloro che vivono della «vita del giorno», radicati alla terra. Ma per tutti coloro, a cui lo spirito concede d'immergersi in quella notte, dove, secondo l'espressione di Novalis, in un attimo «migliaia d'anni se ne trascorrono via cosi come un uragano», rappresenta certamente la suprema delizia. Giacché è appunto in quella notte, là dove le Madri custodiscono gelosamente le idee, le matrici di tutti gli esseri; è là dove, le anime, i corpi, i suoni, le parole, viotantamente separate, individualizzate, isolate dalla lucuedel giorno, ritrovano affinità, parentele, fratellanze maravigliose, e si ricongiungono in una divina oscurità».
Tali problemi dell'espressione poetica, che riguardano cioè tutti i temi le forme deilo spirilo e non solo lo stile musicale, ci conducono a un altro fenomeno armoniosamente rappresentativo di una coltura, e ad essa intimamente legato: il «debussysmo». Nell'Antologia che stiamo rapidamente scorrendo, Louis Laloy dedica a tale avvenimento artistico un acutissimo e forbitissimo commentario, e conclude: «In siffatta musica non simmetria, nè contrasto, nè ornamento. Ogni nota è sensazione; ovunque la vita affiora. Ma la poesia simbolista le ha comunicato il rispetto del mistero: essa avrebbe vergogna di svelarsi. Le sue melodie non emergeranno in piena luce; un velo di armonia lo proteggerà; appena apparse, spariranno, quasi paurose d'essersi un istante tradite. E' una musica di allusione, d'indicazione pari al simbolo di un'altra musica, indicibile perchè scovrirebbe l'esistenza fino nele sue radici... ». Anche qui la musica è la suprema rivelatrice di uno stato d'animo, che nel solo simbolismo letterario non avrebbe potuto raggiungere la sua mirabile perfezione. E via via ogni atmosfera spirituale o stadioculturale, ogni descrizione di ambiente, o di costume e moralità collettiva, che stia a dimostrare l'ininterrotta influenza dalia musica esercitata sulle varie manifestazioni del pensiero e della sensibilità, nell'ottocento, è rappresentata qui da scrittori eccellentissimi.
Il Pannain ci dirà i fattori determinanti dell'opera italiana (spigoliamo: «Il musicista dell'Ottocento è un impulsivo; vede il teatro per quello che è e vi si mette dentro come attore e come spettatore». «Rigoletto ti abbacina di commozione. Nella letteratura era il buffone vittorughiano, nella musica è diventato il padre balzachiano». «L'erotismo in gramaglie di Alfredo Catalani è l'eredità lirica dell'ulissiano neo-romantico acclimatato al bel cielo d'Italia»); Ramano ci narrerà l'incontro di Paganini e Liszt (la cui singolarissima personalità è esaminata da Arnold Shering in altro studio), incontro cosi curioso e gravido di conseguenze per la tecnica pianistica, e caratteristico per la storia del virtuosismo e del gusto nella società ottocentesca; Riccardo Wagner descriverà la fantasia di Berlioz e Manclair il trionfo dell'operetta durante il Secondo Impero. Le tendenze di Strauss sono analizzate dal Torrefranca, e il canto e la vocalità dal Pizzetti; la canzone popolare e lo svolgimento della musica in Russia sono rispettivamente trattate dallo Stein e da Sabaniev; e un accurato bilancio della musica a programma è compiuto da Klanwell. Non v'è fatto musicale, aspetto, problema o personalità, opera o ideologia, avvenimento o curiosità delia musica ottocentesca che non abbia qui la sua acconcia illustrazione; illustrazione che è sempre la migliore in quanto fatta da uno scrittore che è nell'argomento specializzato. Da Spontini a Meyerbeer, da Martucci a Smetana, dal primato strumentale degli italiani alla direzione dell'orchestra, non ci è possibile enumerare tutti i capitoli del volume. Quanti suggerimenti al nostro spirito, quali spunti e stimoli al nostro pensiero e alla nostra fantasia! Se il musicista avrà tra queste pagine ognora un consigliere tecnicamente attrezzatissimo, ogni altro vi potrà cogliere squisitissime e rare fioriture della intelligenza e della sensibilità. E noi, a lettura finita, non possiamo che congratularci di questa eccellente occasione che ci ha fatto apparire in tutta la sua vastità quello che fu forse uno dei massimi avvenimenti nella civiltà culturale dell'ottocento, e che forse varrà un giorno a caratterizzarla l'immissione dello spirito musicale nella formazione del pensiero e della poesia.

F. Bernardelli ("La Stampa", 17 gennaio 1929)

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