Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, febbraio 12, 2011

Paolo Terni: perchè cantano?

Ascolto per la prima volta il primo quartetto di Alexander Zemlinsky e, pur non conoscendolo, lo «riconosco». Era già lì, da qualche parte, in me. Lo spettro testuale che viene così elaborandosi è affettuosamente accolto - non senza un minimo controllo d'Identità! - nell'alveo della mia personale raccolta musicale, anch'essa - ovviamente - da qualche parte in me...

Questa mia biblioteca interna è comunque vivente, preda di una continua metamorfosi, di un moto perpetuo, ineliminabile come il mio stesso respiro: l'altro ieri, per esempio, studiando con i miei allievi i tempi iniziali del secondo concerto per pianoforte e poi del concerto per violino di Johannes Brahms, ho chiaramente «visto» la stratificazione di tutti i miei ascolti precedenti che scorrevano paralleli, pur guardandosi l'un l'altro, come strani fiumi sonori, in un groviglio d'immagini, odori, esperienze variamente intricate. E poi, sempre più presenti, le prime volte, i primi dischi, le persone con le quali condividevo l'entusiasmo della scoperta...

Loro, i miei allievi, sono giunti al termine del percorso iniziatico. Molti hanno completamente mutato il loro rapporto con la musica, scoprendola e scoprendosi attraverso di essa: e io li guardo, tutti, e apprezzo le loro emozioni e mi commuovono le varie maniere che inventano per tentare di definirle, imprimerle in memoria, situarle, possederle.

Il mattino seguente, dopo l'analisi di alcune musiche probabilmente composte per l'Orfeo di Poliziano (Bartolomeo Tromboncino, tra gli altri), ho così suggerito ai ragazzi appena entrati in Accademia non solo di ascoltare ma anche di «guardare» le musiche a loro non familiari, così come si osserva un documento per la prima volta: le emozioni, i piaceri, verranno, si consolideranno, non appena sarà stata plasmata la loro percezione, anche grazie alla mobilitazione di questo sguardo che vorrei avido, curioso, irrequieto, penetrante e indagatore...

Il termine «documento» non è affatto casuale: la domenica precedente avevo commentato alla radio i Cantigas de Santa Maria composti da Alfonso il Decimo (detto «il Saggio») e pensavo al palazzo dell'Escorial ove si conserva il codice che ne racchiude il simulacro testuale. Richiamata dalla superba immagine dell'Escorial mi si è così ridisegnata in mente, ancora una volta!, la mia privatissima mappa degl'infiniti possibili percorsi e camminamenti irradianti da e verso le mille abbazie e biblioteche ove palpitano e vivono i codici e i manoscritti per i quali non provo alcuna forma di devozione rituale ed erudita ma un'irresistibile attrazione vitale: li desidero e li penso come organismi viventi, capaci di una continua elaborazione dei loro grumi d'inchiostro in forma di canti segreti e celati, come quelli di seducentissime sirene...

Penso così all'abbazia di Monserrat in Catalonia e vi immagino il Libre vermell, rilegato in velluto vermiglio, ove, dopo la canzone O Virgo splendens, l'antica danza denominata Stella splendens attende solo di essere eseguita ad tripudium rotundum (ossia in forma di bal redon o ballo tondo): canti e balli anch'essi segretissimi e celati, muti pur presentissimi...

Ma un canto più recente mi coglie mentre scrivo e mi blocca in una sorta di commosso stupore: è il versetto In tenebrosis collocavit me, quasi mortuos sempiternos tratto dalla Troisième Leçon du Jeudy di Michel-Richard de Lalande. Mi fermo mentre la voce bianca riaccende in me struggenti visioni di liturgia francese - particolarmente ghiotte per il cristiano ambiguo ed ebraico che sono - ove, sullo sfondo, si coniugano il Port-Royal di Racine, certe messe celebrate negli anni '6o nella chiesa abbaziale di Saint-Séverin a Parigi, gl'infiniti ascolti del Requiem di Gabriel Faurè, abitato da una pietas insieme sublime e discretissima, e tutta la vicenda - letteraria, teatrale e musicale dei Dialogues des Carmélites di Georges Bernanos e Francis Poulenc...

E Saint-Séverin mi porta irresistibilmente a Notre-Dame, e in particolare allo splendido organum gotico Viderunt omnes di Léonin e poi Pérotín... e Notre-Dame a Clairvaux, poi Beuren con i suoi Carmina Burana e... non poteva non ridisegnarsi in mente a questo punto la sognata abbazia wagneriana di Montsalvat ove il Graal, di per sé, non riesce a lenire la mortale ferita di Amfortas se non mediante l'intercessione - pura, casta e folle - di Perceval o Parsifal, appunto. Struggimento infinito quello che ho sempre provato all'ascolto, in particolare, della magnifica scena detta «di mutazione»...

Nel giardino segreto di Ravello, a picco sul mare di Amalfi, da ragazzo mi dissero che in certe ore misteriosissime risuonavano ancora i valzer della lascivia cantati dalle fanciullefiore ...

E, sospeso nello spazio sonoro, come trasognato sognatore, lascio definirsi in me, per un'altra volta ancora, le pastosissime Folies d'Espagne cantate dalla viola da gamba di Marin Marais...

Paolo Terni (da "Perchè cantano?", Sellerio, 2006)

1 commento:

Francesca Guidetti, Ferrara ha detto...

Come mi succede con Simenon di cui sto leggendo tutto il leggibile e, se potessi, pure di più, così è adesso col grande Paolo Terni. In questo momento (per consolarmi della fine momentanea delle sue puntate radiofoniche di "Qui comincia") il libro sul comodino è "Un vento sottilissimo": al di là della grandezza di Terni - scrittore complesso, sia perché coltissimo, bel oltre la media capacità di noi poveri umani, che per un uso della lingua ricchissimo e a volte piacevolmente barocco (!!??)- mi colpisce la tenerezza dei suoi affetti personali, che gli si chiariscono col riascolto dell'Arte della fuga di Bach, fino a capire che..."allora il suo sguardo non era univoco e solitario, ma in continuo amoroso confronto con quello di Ida...". Ecco ho trovato queste parole, alle quali ho pianto, la più bella poesia d'amore mai scritta, al pari solo della grande "Ho sceso dandoti il braccio" di Montale che mi ricorda come la vita di coppia si possa vivere come banalità o come serio e amoroso progetto comune. Scusate, qui di musica non ho quasi parlato...