Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

lunedì, ottobre 11, 2010

Hans Knappertsbusch: capitani coraggiosi

Oggi nei manifesti, nelle locandine, nei programmi di sala del teatro musicale leggiamo, in posizione dominante rispetto agli altri partecipanti allo spettacolo, il nome del direttore: "Direttore, Giovanni Tizio". Qualche volta, specie in provincia, troviamo una dizione leggermente diversa: "Direttore Maestro Giovanni Tizio". Se andiamo indietro di cent'anni troviamo "Maestro concertatore e direttore d'orchestna Giovanni Tizio". E, non di rado: "Cav." o "Comm. Giovanni Tizio". Se andiamo indietro di centocinquant'anni troviamo: "Maestro concertatore Giovanni Tizio, Direttore Giovanni Caio". Quindi, in origine, avevamo il concertatore e il direttore, poi le due funzioni vennero assunto dalla stessa persona, infine la funzione del "direttore" assorbì la funzione di "concertatore", Un po' come se, in una società per azioni, il signor Sempronio fosse "presidente e amministratore delegato", e poi ci fosse solo più l'amministratore delegato che fa anche, senza bisogno di specificazioni, il presidente. Il teatro niusicale è del resto ricco di funzioni e di denominazioni che variano col variare dei tempi. Una volta avevamo il regista che faceva anche le luci, oggi abbiamo - spesso, non sempre - il regista e il light designer, il "disegnatore luci". Talvolta il signor Tale fa "scene e costumi", talvolta le scene le fa il Tale e i costumi il Talaltro. Il coro viene preparato dal "maestro del coro" e viene diretto dal "direttore", ma in un concerto corale a cappella il "maestro del coro" diventa "direttore del coro". Il "maestro della banda" è colui che prepara la banda, diretta poi, in palcoscenico, dal "direttore muisicale di palcoscenico". Ma, mi obbietterà il lettore, il "direttore", quello che sta di fronte all'orchestra, non dirige tutto lui, orchestra, cantanti, coro, e quindi anche la banda? Errore, ingenuità. La banda che sta dietro le scene deve "anticipare" rispetto all'orchestra, altrimenti, dato che il suono viaggia ad una velocità modesta (trecentoquaranta metri al secondo), la musica della banda sarà sfasata rispetto alla musica dell'orchestra. E chi le dà l'"anticipo" alla banda'? Il direttore musicale di palcoscenico, che guarda il direttore d'orchestra nel televisore, e che un tempo lo guardava da un forellino nelle scene. Quindi, il direttore d'orchestra dirige il direttore musicale di palcoscenico che dirige la banda. Ma, mi obbietterà di nuovo il lettore zelante, come può il direttore dirigere uno che lo "anticipa"? Eppure è così: il direttore musicale di palcoscenico prevede quel che farà il direttore d'orchestra e se il direttore d'orchestra non è coerente la banda va a gmbe all'aria. Allora il direttore d'orchestra chiama immediatamente il direttore musicale di palcoscenico, se si è in prova, o lo chiama in camerino alla fine dell'atto, se si è in..recita, e lo apostrofa dicendo: "che è successo, maestro mio?". Il direttore musicale di palcoscenico si scusa, sebbene la responsabilità non sia sua, borbottando "sa, mi sono distratto perché un corista è passato dove non doveva, mi scusi, mi scusi proprio, non succederà píù"! Ottiene il perdono e va a sfogarsi con un altro direttore, il direttore artistico: "Se lei scrittura ancora questo qui io mi dò malato, lo giuro: non si può sbacchettare a questo modo e poi chiedermi conto di errori non miei". "Ma lasci perdere, lo sa come sono certi direttori". "Questo qui non è un direttore: buon musicista, ma come direttore un p...". "Via, non esageri". "Ma se lo dico io, che ho trent'anni di palcoscenico sul groppone: un fior di p...".
Quanti direttori, dirà il lettore. E' sempre sato così? Non è sempre stato così. Un tempo c'erano meno direttori, e quindi meno maestri, perché i direttori devono essere chiamati "maestro". Si racconta che un celeberrimo direttore veneziano entrò una volta in un grande teatro, in cui metteva piede per la prima volta, accompagnato dal capo ufficio stampa. Il quale, procedendo dalla portineria verso il camerino del direttore, incontrava un sacco di gente e salutava con "buongiorno maestro, mi permetta, maestro (rivolto al direttore), di presentarle il maestro..:". Quando finalmente arrivarono nel camerino, il direttore veneziano disse: "Quanti maestri avete qui. A mi, per favor, la me ciami - chiedo scusa al lettore, ma devo riferire, la frase come fu pronunciata - mona".
Torniamo ab ovo, cioè al concertatore e al direttore. Concertatore è colui che concerta. Concertatore, è termine antico che oggi, al di fuori della musica, viene usato solo più nel burocratese: "Il Ministro della Pubblica Istruzione, di concerto con il "Ministro del Vattelappesca, ha stabilito che...".
Nel linguaggio comune non si "concerta" più ma si "coordina".
E il compito del concertatore, in linguaggio di oggi, era di coordinare i cantanti che prendevano parte all'esecuzione, Altrimenti i cantanti litigavano sui "tempi", sul "rallentando", sull'"accelerando" e così via. Un signore a cui si riconosceva, per lo meno in linea di principio, una superiore autorità, coordinava gli interventi del cantante X e del cantante Y, cioè concertava. Una volta concertato il concrtabile portava la compagnia in orchestra e la consegnava al direttore, il quale aveva preparato l'orchestra e che, da quel momento in poi, "batteva il tempo" per tutti quanti, per l'orchestra, per i cantanti, per il coro, per la banda, per le comparse che non dovevano marciare a pecorone. Il concertatore sedeva però vicino al direttore e suonava il clavicembalo, e più tardi il fortepiano, nei recitativi. Proprio a causa della progressiva abolizione dei recitativi "secchi", cioè non accompagnati dall'orchestra, decade la figura, del concertatore. Nello stesso tempo la complessità delle partiture esclude dalle funzioni di direttore il primo violino, che in genere dirigeva lui, sospendendo di suonare in certi momenti. Qualcuno dei miei lettori ricorderà i concerti di Capodanno dei Filarmonici di Vienna diretti da Willy Boskowski, che dei Filarmonici era il primo violino e che, dopo aver accennato lo stacco di tempo coll'archetto, suonava. Fin verso la metà dell'Ottocento accadeva in genere così, anche nelle opere. Poi il primo violino si limitò a fare il primo violino e non più il direttore. Venne compensato con la denominazione "primo violino di spalla". Oggi la "spalla", in verità, è l'aiutante del comico, ma in musica si è attaccati alle tradizioni e la "spalla" è un personaggio importante, a cui si riconosce la retribuzione massima di tutta l'orchestra. Non sembra, ma concertare e dirigere sono due funzioni distinte che richiedono attitudini distinte e distinte professionalità. Il concertatore lo si vede alla "prova", che gli stranieri chiamano, in modo più appropriato, "ripetizione". La prova consiste di due fasi diverse, la "lettura" e la "concertazione". Durante la lettura il direttore si limita a verificare che si suonino tutte le note, pulite, e che si sappia suonarle al tempo voluto. E' questa una fase che con orchestre di altissima professionalità - i Filarmonici di Berlino o di Vienna, l'Orchestra dell'Opera di Vienna, l'Orchestra del Metropolitan e tante altre - non esiste nemmeno, ma che esiste con tutte le orchestre che siano un gradino sotto. In certi casi si fa anche prove di lettura "a sezioni" (gli archi da soli, i fiati e le percussioni da soli) o addirittura "a sottosezioni" (i soli primi violini, i soli ottoni, ecc.). E qui si comincia a vedere la tempra del direttore, perché c'è chi gli errori non proprio grossolani non li sente, c'è chi li sente ma non sa a chi attribuirli, e c'è chi sente tutto e sa scovare gli incauti. I direttori della prima specie non fanno volentieri le letture, e le lasciano invece volentierissimo agli assistenti, quelli della seconda specie cominciano con le prove a sezioni, che restringono gli accadimenti, quelli della terza specie iniziano con letture a orchestra completa e passano poi alle prove a sezioni.
Le tre specie non sono ordinate gerarchicamente. Furtwängler, ad esempio, sentiva molto poco. Uno strumentista dell'orchestra della Scala mi raccontò che un oboista, durante um prova, non poteva suonare alcune note per un guasto del sistema di chiavi. Nell'intervallo andò a scusarsi con Furtwängler: "Sa, maestro, non posso fare il re e il si perché, ecc.". "Ah", fece Furtwängler", che non si era accorto di niente. All'opposto, ho visto -un assistente iniziare la prima prova di un'opera del Novecento, molto difficile, con un'orchestra, svogliata. Dopo dieci secondi l'assistente si fermò. Non inveì, non disse "suonate come si deve, lazzaroni", ma cominciò con calma: "Il secondo clarinetto ha suonato la tal nota invece della talaltra, il quarto corno cresceva qui, il primo fagotto calava là, i primi violini hanno sporcato il semitono in quel punto", e così via. L'orchestra si sentì come frustata, e ci mise tutto l'impegno possibile.
Dopo le letture arriva la concertazione. La dinamica, salvo poche eccezioni, è fissata uniformemente. su tutte le parti: tocca. al concertatore, che ha analizzato il testo, stabilire i livelli effettivi, cioè creare delle differenze, minime ma fondamentali, là dove c'è uniformità ' - Poi il concertatore spiega e fa realizzare il "fraseggio", la declamazione del testo, con le sue accentuazioni e con le sue ondulazioni lievissinie di tempo. Infine subentra il direttore, che fa eseguire porzioni sempre più estese del pezzo. La "prova generale" è già un'esecuzione definitiva, anche se al termine può esserci qualche ritocco di concertazione.
Il vero direttore non vien fuori però nemmeno nella prova generale, ma solo nell'esecuzione pubblica, nella quale una larga fetta di ciò che è stato studiato rimane inalterata e, una piccola fetta risulta del tutto imprevista La presenza degli spettatori crea una tensione nuova, che il direttore deve saper governare.
E qui, ad esempio, Fuitwängler era imbattibile, mentre in fase di lettura e di concertazione era secondo a parecchi. E qui era oressoché imbattibile Hans Knappertsbusch. Knappertsbusch era fermamente legato alle tradizioni interpretative della cultura tedesca ed era abituato a lavorare in teatri o presso istituzioni sinfoniche con programmazioni a repertorio e con folte preve di assistenti.
Quella larga fetta sicura gli andava quindi bene così com'era sempre con qualsiasi direttore di tradizione. E quell'altra fetta non sicura, in cui lui si muoveva da dominatore, non poteva averla che all'esecuzione pubblica. Perciò, in pratica, provava meno che poteva, o per niente.
Una volta venne in Italia per dirigere due Sinfonie di Beethoven. Provò qualcosa qua e là, e mandò tutti a casa (il direttore stabile, si capisce, aveva prima preparato l'orchestra). Knappertsbuch cominciò il concerto con l'Eroica. Ma alla prova non aveva detto se intendeva fare o non fare il ritornello del primo tempo. Così, alla barra del ritornello, metà orchestra tornò da capo e metà andò avanti, con il risultato che Knappertsbusch dovette fermare lßesecuyione. "Da capo senza ritornello", disse in italiano con fortissimo accento tedesco. E poi, in tedesco, tra sé e sé, ma abbastanza forte da asere udito: "Quella prova di m...".
Nel concerto a Lugano che pubblichiamo Knappertsbusch avrà borbottato qualcosa anche di peggio all'inizio della Seconda Sinfonia di Brahms. Capitò l'imprevisto, e lui, per una volta tanto, non riuscì a dominarlo. Per tutto il resto della serata fu degno della sua fama di capitano di lungo corso che, senza cercare rotte nuove, sa, in una rotta conosciuta, far fare ai suoi passeggeri un viaggio meravigliosamente emozionante, anche se non si è preoccupato della pulizia dei motori.
Piero Rattalino
(1995 Ermitage)

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