Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, dicembre 27, 2009

Andrea Luchesi: Requiem

Alcuni documenti e le cronache del tempo ci restituiscono Andrea Luchesi, prestigioso e dimenticato autore veneto, tra i più grandi musicisti settentrionali del diciottesimo secolo. Giovanni Battista Columbro dirige l'Orchestra Barocca di Cremona nell'esecuzione del Requiem di Luchesi in una incisione su etichetta Tactus.

Essendo un filologo ogni mia esecuzione o registrazione è sempre preceduta dalla ricerca e dalla trascrizione delle fonti originali e degli scritti del tempo, ciò implica ragguardevole impegno, ma è necessario e doveroso oggi agire in tal senso. Per poter riportare alla luce i documenti dei secoli passati, è indispensabile ricostruire, a guisa di scienziato-umanista e nella forma quanto più vicina possibile all'originale, non solo i testi musicali e la loro prassi, ma anche i vari contesti storici, estetici e filosofici. Nei miei variegati studi mi sono imbattuto, anni or sono, in un prestigioso e dimenticato autore veneto della seconda metà del Settecento, il cui nome forse avrete udito o letto in qualche luogo: Andrea Luchesi. Andrea Luchesi, fra tutti i musicisti settentrionali del XVIII secolo, ebbe a Venezia la miglior istruzione musicale e culturale, grazie a maestri che furono tra i più grandi compositori e didatti dell'epoca (Valentino Cocchi, celebre operista napoletano - Giuseppe Saratelli, maestro della cappella marciana - padre Paolucci, allievo prediletto del celebre Padre Martini - padre Vallotti, il maggior teorico musicale del Settecento italiano e Baldassarre Galuppi). Già maestro a vent'anni (nacque nel 1741) lavorò per molte chiese, per i teatri veneziani e soprattutto per il celebre Ospedale degl'Incurabili. Nel 1771, grazie alla sua fama in città, ebbe l'incarico dal governo veneziano di comporre una Messa da Requiem per la morte ell'ambasciatore spagnolo Venezia, Conte di Montealegre (esequie ufficiali di stato), che fu eseguito, con grande apparato, nella chiesa di S. Geremia. Dopo aver lavorato a lungo per le città venete, (tra cui Verona e Padova collaborando con padre Vallotti presso la Basilica del Santo, componendo splendide pagine musicali) a trent'anni fu invitato (grazie all'intuito del conte Durazzo) dal principe arcivescovo Max Friedrich a Bonn, la più importante cappella cattolica di Germania, dove ricoprì la più alta carica musicale, difatti fu nominato Kapellmeister a vita, subentrando al non troppo brillante Ludwig van Beethoven senior (il nonno del titano). Nella città tedesca si stabilì, rispettato e considerato tra i più grandi compositori e didatti di quel tempo, per gli altri trent'anni della sua vita; morì nel 1801 e tra i vari e straordinari allievi, impossibile enumerarli tutti, ebbe il celebre Ludwig van Beethoven per almeno 12 anni, i fratelli Romberg e Antonin Reicha. Sotto la direzione del maestro italiano la cappella di Bonn fu annoverata tra le migliori di tutto il Settecento europeo non solo dagli addetti ai lavori, ma altresì dai numerosi viaggiatori che allora visitarono le terre del Reno. Luchesi compose moltissimo e in ogni stile: sinfonie, musica da camera, musica sacra e opere. Le rappresentazioni teatrali difficilmente lasciavano la patria originaria, ma quelle del maestro veneto furono rappresentate in molte città europee tra cui Milano, Vienna, Praga, Bonn, Stoccolma e persino nel lontano Portogallo. Ma dove sono oggi le sue musiche del periodo tedesco? ... il maestro italiano aveva l'obbligo dell'anonimato ... forse sono state attribuite a più fortunati compositori? Gli eventi politici ed economici internazionali della seconda metà del XVIII secolo non hanno consentito al musicista italiano né di brillare né di apparire sui libri, ma abbiamo, fortunatamente, alcuni documenti e le cronache del tempo che ce lo restituiscono tra i più grandi. E' sufficiente, oggi, considerare la sola musica scritta prima della sua partenza per Bonn per notare immantinente un edificio musicale completo che non teme perplessità o incertezze e che gli consente, senza esitazioni di sorta, di stagliarsi come una figura eminente al di sopra di molti musicisti coevi. Sono più di duecento anni che il nome di Luchesi continua ad essere espunto dalle biografie di Mozart, Haydn, Beethoven, dalle enciclopedie e dai libri di storia della musica; nostro dovere è riconsegnare alla storia e alla cultura italiana, un artista non solo affezionato alla sua terra e ai suoi costumi, ma altresì vero lustro per noi italiani. Fortunatamente i dati in nostro possesso non solo ci consentono di affermare a piena voce che è stato «taciuto» un grande personaggio della musica italiana, ma gli stessi sono rivelatori di messaggi che resi noti muterebbero la storia della musica, come già il Torrefranca preannunciava negli anni trenta del Novecento.. . Nel 1787 in Austria si decretò la fine del latino che fu sostituto dal tedesco. Iniziava il nazionalismo austriaco in funzione antiprussiana; fino a quel momento l'idioma della corte asburgica era il nostro (Metastasio, G. e L. Boccherini, Calzabigi, Salieri, Da Ponte, Casti, Anfossi, Bertati, Guglielmi, Bonno ecc.): questi furono gli anni in cui iniziò la damnatio memoriae per Andrea Luchesi. La lungimiranza del tempo e le vicende storico-politiche europee di fine Settecento hanno permesso a molte composizioni luchesiane di raggiungere, a volte «bonificate», i nostri tempi e di ritornare nella nostra penisola: il pregevolissimo Requiem che qui proponiamo, (preceduto dalla preziosa Sinfonia della Passione in do minore) per nostra buona sorte è stato ritrovato in parti manoscritte autografe. Il Kyrie che ascolteremo dopo il Requiem aeternam iniziale non è originario, ma mutuato da una messa in Fa maggiore del nostro compositore appartenente allo stesso fondo. L'operazione di «innesto» che qui proponiamo trova
giustificazione non solo in una pratica diffusa all'epoca, ma anche e soprattutto nel fatto che la struttura armonica e melodica di tale Kyrie ben si integra con le altre pagine del Requiem tanto più che lo stesso manoscritto originale, nella sola parte del violino primo, reca l'indicazione "segue Kyrie".
Il Requiem luchesiano (lo stesso dedicato al duca de Montealegre) interpreta i momenti più dolorosi della morte di N.S. Gesù Cristo. I pochi recitativi accompagnati, nei passi di maggior enfasi, sono di indubbio valore artistico e spirituale, mentre le arie appartengono alla più alta cantabilità italiana. La parola vibra in simbiosi con la musica, nulla è noioso, tutto è teso nel procedere musicale. I momenti lenti sono espressi in modo lene e solenne, gli istanti più vivi sono sottolineati da andamenti più mossi e gioiosi; la musica è di altissima fattura. Luchesi in queste pagine è riuscito a presentare tutte le sue qualità di compositore sacro. Gli accordi dissonanti precedono sempre l'acquietarsi dell'armonia, le progressioni sono sapientemente miscelate ad andamenti più moderni e affascinanti (soprattutto nelle arie) dove il simbolismo musicale riconosce nel testo cantato la sua naturale rigenerazione. I violini, gareggiando con le voci e con i fiati, propongono armonie di evidente solarità. I numerosi cori, asse portante della composizione, tengono unito il filo della narrazione musicale. All'ascolto le peculiari qualità compositive di queste pagine legano l'autore inconfondibilmente alla tradizione musicale della nostra penisola, con particolare riferimento alle messe di Alessandro Scarlatti e Niccolò Porpora, tradizione che «ha costruito» la musica di tutta Europa, anche quella che appartiene alla sfera romantica. E' stato fatto un torto alla cultura italiana e se vogliamo che la nostra memoria possa essere punto di riferimento per le generazioni a venire abbiamo il compito di recuperarla quanto più è possibile. Trattandosi poi di musica, già vitale strumento educativo dei filosofi antichi e vaga intermediaria tra spirito e materia, sarebbe, come diceva Nietzsche, un errore non averla accanto a sé nel corso della nostra vita.

di Giovanni Battista Columbro (tratto da "Orfeo",numero 90, aprile 2005)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ancora con queste panzane su Luchesi? Columbro di qua, Taboga di là. Non se ne può veramente più di questa storia demenziale.

Una volta per tutte: dimostrate con documenti alla mano e non con illazioni e ricostruzioni fantastiche ciò che si afferma riguardo Luchesi e poi ne riparliamo.

Per quanto poi riguarda la sua musica, per carità lasciamo stare ... un superminimo lo definì il buon Zenetti e superminimo rimane. La seconda metà del '700 abbondava di buoni Kapellmeister come Luchesi. Ma il vero genio si chiama Mozart e si chiama Haydn.

Anonimo ha detto...

Anonimo uno.

Secondo te, il vero genio si chiama Mozart?
Il vero genio si chiama Haydn?
e chi lo dice? Tu? Sei un genio pure tu?

In base a cosa? Chi te l'ha detto?

Ti hanno raccontato che Mozart ha trascritto a memoria il Miserere di Allegri? Ci hai creduto? Te lo sei bevuto? Ti hanno raccontato che Haydn era gravemente malato (di testa) a tarda età e che ha scritto le migliori sinfonie? Ci hai creduto?

Complimenti.

Guarda che il genio che viene dal nulla non esiste, è costruito. Ci vuole scuola e studio.

Disintossicati dai miti e poi ne riparliamo.

Già che ci sei, sii coerente.
Quello che scrivi tu è un superminimo, non la musica di Luchesi.

Chi sei per giudicare la musica di Luchesi se ancora stanno studiandola, e ricercando. Fanmmi l'elenco di TUTA la musica di Luchesi che conosci, è tutta? Ne manca un po'?

Non ti vergogni a definire una ricerca "demenziale"?

Tu che ricerca fai? Nessuna? Aspetti la pappa pronta? Mangi quella predigerita? Palle di Mozart incluse?

Non hai un giudizio tuo per dire cosa pensi di Luchesi, senza il bisogno di tirare in ballo il giudizio di una altro? Cos'è, in due siete più forti? Perché Zanetti è "buono"? Sei "buono" anche tu? Oppure tu copi e basta?

Tutti questi luoghi comuni sono un disastro desolante. Vergognati.