Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, marzo 22, 2009

Lo Stabat Mater di Haydn secondo F.M.Sardelli


Intervista al direttore toscano, che racconta: "Mi ha sempre stupito l’intonazione haydniana dello Stabat (...) Restituisce al testo musicato la dignità di un dolore compassato, nobile".

Una riflessione d’apertura, per lei che viene dalla musica "antica", su Haydn...
«Lo ritengo un autore paradigmatico che riesce a costruire delle forme adamantine, perfette. Anche Vivaldi, che funse da modello, stabilì nei fatti l’assetto costruttivo delle composizioni, senza trattati, senza enunciare delle regole, semplicemente componendo».
Una logica rigidamente generazionale non regge, meno che mai in questo caso: Haydn nasce nel 1732, quando Bach ha 47 anni, e muore nel 1809, quando Beethoven ne ha 39. Questa lunga arcata vitale colpisce, abbraccia dal tardo "barocco" al primo romanticismo.
«Dice bene. Il "caso Haydn" attraversa indenne varie epoche, pur mostrando una chiara evoluzione interna e pur rimanendo piuttosto fedele a sé stesso, stabile nelle sue conquiste, a differenza ad esempio del primo Beethoven, che riesce invece a compiere delle evoluzioni imparagonabili».
Una breve riflessione sulla poetica di Mozart e Haydn, visti dal primo Settecento. Harnoncourt scrisse che Mozart non era un innovatore: Lei cosa ne pensa?
«Mozart, che non amava particolarmente operare sulla forma, fu avvantaggiato dal gap generazionale e da una grande inventiva personale, proprio per la cifra peculiare della sua invenzione, un poco più tumultuosa rispetto a quella haydniana. Non porta particolari innovazioni da un punto di vista formale e stilistico: la grande novità mozartiana sta semmai proprio nell’invenzione, nella sostanza delle sue idee musicali; tutto questo inserito nelle forme che ha ereditato, senza stravolgimenti. Haydn, invece, è un innovatore, anche da un punto di vista formale. Nel corso del Settecento ha luogo una formidabile riflessione sulle nuove forme e sul nuovo linguaggio. La musica è un vulcano in continua evoluzione: si fronteggiano la scuola di Mannheim, quella di Berlino, lo stile della sensibilità, e via di seguito. Haydn, tuttavia, va per la sua strada, una strada che si rivelerà in fondo vincente».
Il programma che ascolteremo propone un testo noto, lo Stabat Mater, che costituisce, almeno da Pergolesi in avanti, una pietra di paragone. Trovo che, ascoltando più musicazioni di un medesimo testo, si tocchi con mano l’approccio differente dei vari compositori. Come ritiene sia quello haydniano?
«Mi ha sempre stupito l’intonazione haydniana dello Stabat, un testo intriso di pianto, grondante di dolore, che ha fatto sì che i vari compositori ricorressero all’armamentario più lacrimevole a loro disposizione. Il filone compositivo prevalente era quello napoletano, che derivava in ultima analisi da Pergolesi; Haydn, da questo, sembra volersi discostare e restituisce al testo musicato la dignità propria di un dolore compassato e stilizzato. Il suo dolore è assai nobile e molto interiorizzato».
Quanto dice mi riporta con la mente alle caratteristiche del cattolicesimo austriaco e poi austroungarico.
«Assolutamente sì! Non ci si strazia di fronte alla morte, non si stracciano le vesti ma si sta in silenzio, e si piange dentro; questo è lo Stabat Mater di Haydn».

Concluderei chiedendoLe che cosa si attende dall’Orchestra da Camera di Mantova, che non utilizza strumenti antichi e proviene sia dalla frequentazione del repertorio tardosettecentesco, sia da certo repertorio ottocentesco.
«Innanzi tutti tengo a dire che ho grandissima stima di questa orchestra, una stima che condividono in moltissimi in Italia e all’estero: i suoi esiti sono eccellenti. Anche la coraggiosa frequentazione del repertorio sacro di Mozart da parte dell’Orchestra da Camera di Mantova mi ha convinto che si tratta di un’orchestra estremamente duttile e perfettamente in grado di parlare i linguaggi storici, sebbene non usi strumenti antichi. Credo che nello Stabat haydniano potremo raggiungere un risultato di notevole pulizia e di grande forbitezza linguistica».

di Stefano Patuzzi ("Musicalmente", Anno 4, Numero 1, Febbraio 2008)

1 commento:

Deborah De Blasi ha detto...

Decisamente stimolante! Sto lavorando proprio sulla comparazione stilistica di alcuni Stabat fra sei e settecento e l'intuizione del concetto di cattolicesimo "Mitteleuropeo" mi stuzzica molto...sarà forse perchè sono Salentina???????!!!!!!!!!
Grazie