Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

mercoledì, novembre 09, 2005

Un' Offerta musicale per la nostra anima

Sublime è la musica fatta di amore e logica come quella che Bach dedicò al Re di Prussia o quella (a lungo incompresa) di Buxtehude.

Capita alle volte di incontrare in un libro dimenticato qualcosa che sa spiegare il presente, o quel che stiamo vivendo. Sono coincidenze organizzate dalla nostra fantasia, oppure no: scelga il lettore.
Certo è però che quando si legge una pagina di Pietro Lombardo, filosofo e teologo nato agli inizi del XII secolo in provincia di Novara, le cui Sentenze furono uno dei testi teologici più diffusi nel medioevo, e consultandolo si avverte un bisogno simile a uno dei nostri, si prova quasi una segreta emozione. Ora tentiamo di ricostruire il perché.
Pietro Lombardo, si sa, non è più un pensatore noto. Nei salotti, tra le "erre" arrotate e le signore in crisi, è bene non ricordarlo se si vuol sembrare brillanti. Forse è bene evitarlo anche nei discorsi cosiddetti seri, giacché il suo astro cominciò a declinare già nel Cinquecento e le Sentenze cedettero il posto alla Summa di Tommaso d'Aquino. Eppure aprendo - per quei giochi di rimandi tra un testo e l'altro che non stiamo a raccontarvi - le sue Glossae super Psalmos si rimane colpiti dal metodo. In quest'opera, che forse fu la sua prima, Pietro illustra i passi biblici versetto per versetto riprendendo ogni sua affermazione dai Padri della Chiesa. Non è un lavoro breve (occupa le colonne 55-1296 del 191 volume della Patrologia latina del Migne), ma è condotto con logica ferrea. Ogni affermazione, ogni concessione è ricavata da un autore antico e messa a profitto per la fede presente. Si avverte tra le righe il rispetto di un itinerario considerato indispensabile alla salvezza. I Salmi sono soltanto un pretesto, quello che conta è il viaggio logico che il lettore deve compiere per procedere.
Un metodo che si ritrova in molti altri luoghi. Nelle disposizioni delle biblioteche sino al Seicento (i libri erano posti sugli scaffali con un ordine che poteva aiutare il visitatore a meditare sugli studi da intraprendere), nell'architettura delle cattedrali (ogni spazio rappresentava un angolo dell' universo), nei trattati di erotismo del Rinascimento (si godeva nel metodo più che nell'atto), in musica. Già , nel mondo delle note. Basterà ricordare che vi sono opere che furono scritte per essere ascoltate dalla nostra logica più che dai sensi. Una di esse è senz'altro la Musikalisches Opfer, l'Offerta musicale, di Johann Sebastian Bach.
L'abbiamo riascoltata il 3 aprile in San Maurizio a Milano, eseguita dall'"Ensemble Vanitas", nell'ambito del quarantesimo ciclo di questa rassegna di musica d'epoca, che è tra le poche cose gradevoli del capoluogo lombardo. Si è scritto che l'Offerta è la premessa dell'Arte della fuga, ultima sublime opera del grande Kantor. E' vero, ma è altresì certo che questa composizione fu un gioco tra i più alti che la musica abbia avuto. Basta ricordarsi come nacque.
Nel maggio 1747 Bach si recò a Potsdam su invito di Federico II di Prussia. Il re desiderava conoscere quell'abilità di cui tutti parlavano. L'incontro e quel che successe, il miracolo che avvenne, tutto ciò e altro si legge l'11 maggio di quell'anno sulla gazzetta berlinese Berliner Nachrichten (ora nei Bach-Dokumente). Riprendiamo qualche passo: "In serata, verso l'ora in cui negli appartamenti reali suole essere eseguita della musica da camera, venne riferito a Sua Maestà che il Kappelmeister Bach era giunto a Potsdam e si trovava in quel momento nell'anticamera, in attesa della graziosa concessione di poter ascoltare la musica. Sua Maestà comandò che fosse immediatamente ammesso, ed entrato che fu andò al cosiddetto forte e piano e, senza preliminare alcuno, si degnò di suonare un tema per il Kappelmeister Bach, perchè questi lo sviluppasse in una fuga. Ciò il Kappelmeister fece tanto felicemente che non solamente Sua Maestà si compiacque di esternare la sua graziosa approvazione, ma tutti i presenti provarono grande ammirazione. Il signor Bach trovò tanto infinitamente bello il tema a lui proposto che volle metterlo per iscritto in una fuga regolare per poi darla alle stampe.
Il giorno di lunedì si sarebbe potuto poi ascoltare il celebre musicista all'organo della chiesa del santo Spirito in Potsdam". Non è finita, ancora un po' di pazienza: "In serata, Sua Maesta' tornò a chiedergli di improvvisare una fuga a sei parti, che venne da lui realizzata con abilità pari a quella mostrata nella precedente occasione".
Tornato a Lipsia, Bach scrisse un gruppo di canoni e di fughe basati sul tema ascoltato a Potsdam, al quale aggiunse una sonata a tre. A tutto ciò diede il nome di "Offerta Musicale alla Sua Reale Maestà di Prussia in somma sottomissione". Quello che essa rappresenta non è facile da descrivere. Un viaggio logico, celeste, realizzato da una tecnica che conosceva alla perfezione il contrappunto. Forse un itinerario alla ricerca di qualcosa che non c'è , ma di cui abbiamo bisogno; forse un viaggio d'amore per l'anima o, più semplicemente, l'unico amore che ci è consentito e che si riduce a un'ipotesi logica. Il resto, compreso quello che si attua attraverso il contatto dei sudori, non c'entra. Verrebbe voglia di affermare che il vero amore si svela soltanto in un sottile e impalpabile viaggio immateriale per le anime piu' alte.
Anche il Cristo salìil Calvario attraverso un percorso che la logica non può capire e l'amore spiega. Anch'egli sembra che abbia realizzato un'offerta partendo da un semplice motivo, forse eseguito prima dei tempi nella mente di Dio, dove ogni musica trova le ragioni dell'amore che la evoca (così si può affermare parafrasando San Bonaventura, pensatore e teologo del XIII secolo, espositore di "una via" capace di condurre l'anima a Dio). Ma che altro possono tentare le parole dinanzi all'Offerta Musicale? A un certo momento della bella esecuzione di San Maurizio, ci è ritornata alla mente un altro concerto, sempre tenuto a Milano il 29 marzo da Gabrieli Consort & Players sotto la bacchetta di Paul McCreesh. Si trattava delle sette cantate di Dietrich Buxtehude Membra Jesu Nostri. Nell'ascoltare il "Ricercare a 6" di Bach, chissà perchè ci siamo ricordati del tormento che Buxtehude provoca alla parola "vulnerasti" all'inizio della sua sesta cantata. Il soprano rende acuto come una lama il suono delle sillabe, le conficca nella carne come le spine sul capo del Cristo.
Anche in questo caso si è alla presenza di un altro itinerario, più semplice di quello bachiano, più didascalico nei suoi intenti.
Buxtehude non riuscì forse nemmeno a farlo ascoltare alla sua Lubecca, per la quale compose senza sosta e senza mai ottenere grandi soddisfazioni. Anzi, la città non gli restaurò nemmeno l'organo della chiesa di Santa Maria e ben poco fece per contenere la plebaglia che strepitava durante le sue esecuzioni. Di quel che scrisse allora si accorse soltanto qualcuno vicino all'organo, poi ne prese atto la storia e ora qualche raro frammento giunge anche a noi.
Di Buxtehude non ci resta nemmeno il ritratto. L'unica cosa su cui possiamo discutere è quella serie di grandi percorsi fatti di note che ci ha lasciato.
Anche lui, dunque. Come Bach, come i filosofi medievali, come altre anime isolate. Se la Pasqua è alla fine di un vostro itinerario, allora queste osservazioni accettatele. Se non la ritenete tale, consideratele un gioco. Del resto, che si giochi con le idee o con i sentimenti o con altro, fa parte della vita. Perchè la vita è un gioco. Come L'Offerta Musicale di Bach al suo Re.

di Armando Torno (Il Sole 24 Ore, 7/4/1996)

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