Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

giovedì, settembre 29, 2005

La favola della bella Melusina

Mendelssohn fu sempre attratto dal mondo fiabesco e da quello paesaggistico. Dichiarò anche spesso di non amare la musica descrittiva e di non credere, secondo le indicazioni di Goethe e di Schlegel, nella possibilità di commentare dettagliatamente un percorso poetico, uno scorcio pittorico, un contenuto programmatico. La tensione romantica verso l'unità delle arti gli fu estranea. Non per niente disprezzava Berlioz mentre Wagner, dal canto suo, lo stimò ben poco, entusiasmandosi solo per gli aspetti pittorici, quelli, ad esempio, dell'ouverture Le Ebridi, che sembravano per l'appunto smentire le affermazioni di Mendelssohn.
In effetti, anche Le Ebridi, come le Sinfonie Scozzese e Italiana o La favola della bella Melusina, pur ispirandosi talvolta a situazioni che possono in qualche modo essere rievocate dalla musica, seguono un percorso strutturale assolutamente autonomo. Le allusioni a immagini o eventi sono semplici spunti che sollecitano la fantasia di Mendelssohn ma non ne dettano le regole del gioco e non ne condizionano la scrittura. La genialità di Mendelssohn come orchestratore dà vita ad atmosfere estremamente caratterizzate, avvolte in un alone assolutamente originale, tanto che alcune sensazioni affettive o paesaggistiche non "imitano" nulla di preciso ma anzi suggeriscono in noi un'idea di quel luogo o di quel sentimento mai espressa prima. La musica, per Mendelssohn, non ha alcun oggetto, né costituisce essa stessa un oggetto, reale o logico, bensì appartiene, secondo la filosofia romantica dell'epoca, alla sfera dell'Ideale, dove è padrona incondizionata dei suoi mezzi.
L'opera di Mendelssohn percorre e ripercorre tragitti narrativi. Sono le situazioni archetipiche, i personaggi o gli spazi canonici della fiaba, del sogno, del racconto, a trovare espressione sonora. Le incantevoli pennellate timbriche ne sono la naturale conseguenza. Il Paradiso perduto dell'infanzia e della prima giovinezza, protetto da affetti, sicurezza economica, gratificazioni culturali, è perennemente vagheggiato da Mendelssohn. In tal senso si spiega anche la maggiore sperimentazione formale e timbrica della musica strumentale rispetto ai più rigorosi e "antichi" modelli della musica sacra. Sacro e profano precedono e seguono la vita dell'individuo e della storia; in questo sta la tanto sottolineata "felicità" di Mendelssohn, quella per cui Schumann disse che non poteva esserci nome di battesimo più indicato alla personalità di chi lo portava. Mendelssohm, in realtà, non fu poi così incondizionatamente felice; fu piuttosto moralmente convinto di doverlo essere, da buon protestante di origine ebrea che conosceva i suoi privilegi e riteneva doveroso ricambiarne i vantaggi con l'impegno assoluto, sociale ed esistenziale.
Il mondo di fiaba dell'ouverture La favola della bella Melusina "attraversa" la realtà senza sconfinare nell'indistinto, nella fantasia allucinatoria, ecco perché ci coinvolge e si collega al nostro universo di sogno. E la realtà, sul piano musicale, è data dall'uso cosciente di forme e di connessioni melodico-armoniche che la storia ci ha consegnato e che Mendelssohn sa modificare e forzare quel tanto che basta per suscitare sorpresa. Questo equilibrio delicato ed efficace tra forme conosciute (percorsi noti che costituiscono oggetti stabili e rassicuranti) e "aperture" verso il frammento e la sconnessione dei sogno, delimita una fascia creativa pulsante, sensibilissima, ricettiva, con una forte carica di attrazione verso i profili e le dinamiche degli accadimenti psichici.
Anche nella Favola della bella Melusina, come in altri lavori strumentali, Mendelssohn insinua impercettibili slittamenti all'interno del classico movimento di sonata, in fa mìnore, introdotto e chiuso da due episodi in fa maggiore. L'elemento dialettico, bitematico, si dilata per la presenza di una successione-giustapposizione di temi, ognuno dei quali funge quasi da leitmotiv, definendosi non tanto rispetto ad un'immagine esterna ma nel rapporto di consequenzialità fraseologica con gli altri.
La magia dell'orchestrazione gioca, come sempre in Mendelssohn, sui colori dell'armonia.
Il fa maggiore che prepara l'ambiente acquatico, con quel moto dolce e ondiforme che si espande gradualmente e che Schumann chiamò la "figura magica delle onde" verrà ripreso, in tutt'altro contesto armonico e concettuale, da Wagner, all'ìnizio dell'Oro del Reno.
Subito, però, il fa minore che segue introduce un tema inquieto su un accompagnamento marcato in suoni ribattuti. Il contrasto fra i caratteri rende la discorsività musicale estremamente dialettica, teatrale.
Mendelssohn sottopose l'ouverture La favola della bella Melusina al solito lavoro di revisione, correzione, ripensamento. Nel 1834 Moscheles eseguì a Londra la seconda versione, ma Mendelssohn volle intervenire ancora sulla partitura, l'anno successivo, prima della pubblicazione, chiedendo addirittura all'amico Klingemann di bruciare la stesura precedente perché la riteneva inattendibile e incompleta.

Lidia Bramani (Ferrara Musica, 1991)

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